Ho sorvolato i territori del West Afghanistan per un mese al seguito della Brigata Alpina Taurinense, ho percorso strade polverose, ho camminato tra mura di sabbia di antichi villaggi , ho incrociato uomini dal passo lento, raramente donne, molto spesso bambini. Ho respirato l’aria bruciante dei 50 gradi, ho masticato granelli di polvere, ho dormito sotto lo stesso cielo di quella gente e ne ho condiviso la terra, non il destino, non la storia, per poco il tempo. Ho osservato senza pregiudizio e ho amato la screpolata durezza di una terra martoriata ma viva. Ma ogni sera passavo da un lontano ieri a un frenetico oggi fatto di modernitá.

Per comprendere ho cercato di sviluppare un approccio a-temporale, sospeso. Nella mia visione il tempo non scorre alla stessa velocità su tutto il pianeta come una brezza uniforme. In certi luoghi è un vento violento e costante, in altri è un tornado che non concede evoluzioni ma spirali infinite, in altri ancora tace.
Troppo spesso noi occidentali dettiamo il ritmo come direttori d’orchestra, dittatori d’orchestra snaturando la melodia di base. L’orologio della storia non è regolato secondo i battiti del cuore occidentale eppure noi forziamo gli ingranaggi di continuo.

Negli infiniti tragitti da una base a all’altra ho cercato di osservare lasciando il tema guerra sopito. Mi sono sorpresa a gioire di quanto vedevo.

Il territorio Afghano é di una bellezza disarmante, soffici deserti si increspano contro montagne granitiche, fiumi cicatrici evaporano senza giungere a compimento, geometrie coltivate strappate al deserto narrano la fatica del contadino, villaggi polverosi e sinapsi urbane si contendono pianure lunari. E le città, un tentativo disorganizzato di modernità. E poi segni ancestrali, campi di grano e trincee, caccia militari e aquiloni, residui bellici e archeologia, vita e morte che convivono da sempre.

A volte sopraggiungeva un’onda immensa, la tempesta di sabbia che oscurava il sole e anticipava la notte. Bocca e naso allora vanno coperti per non ingerire feci disidratate, I bagni nel deserto sono buche improvvisate. Il West Afghanistan e’ un luogo duro dove l’improvvisazione non é premiata. Ma é ipnotico, entra dentro e trasforma.

Mi sono chiesta allora che tipologia umana nasce dalle viscere di una tale terra? Quali valori e credenze ne plasmano le azioni, quali tradizioni ne preservano l’esistenza.

Ho osservato volti dal profilo affilato, nobile, lo sguardo spesso semplice, benevolo, il sorriso spontaneo, la curiosità infantile, l’apertura istintiva. Gli occhi che hanno incrociato i miei non erano mai ostili. Gli abiti femminili avevano colori vivaci. Le bambine, fiori porpora e viola, socchiudevano le corolle e si celavano troppo presto. I bambini color sabbia avevano capelli ramati.
Ancora oggi i muli sostituiscono le auto, il lavoro sostituisce il gioco, gli orfanotrofi le famiglie, la guerra il turismo.

Quando l’umanità avrà il privilegio di contemplare senza filtri mediatici questa struggente bellezza, conoscere la sua storia, la sua gente e creare fratellanza? Apparteniamo a tempi diversi e credo che questa sia una ricchezza immensa e non un errore da correggere. L’uomo moderno ha la possibilitá di sperimentare l’esplorazione temporale, tutelando la diversitá e rispettando l’evluzione spontanea delle culture. Apportiamo ció che puó migliorare ma non imponiamo, andiamo con umiltá anche ad imparare.

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