La prima uscita dalla base di Herat in Afghanistan su un Lince blindato con elmetto e giubbotto antiproiettile e’ stato un battesimo accompagnato da un pensiero: e se fossi saltata in aria su uno dei tanti ordigni esplosivi nascosti sulla strada? D’altronde capitava abbastanza spesso. Ero una semplice fotografa alla sua prima esperienza di guerra.
Ho stretto la mia Canon al petto e ho tenuto il dito appoggiato sullo scatto. Forse avrei immortalato il momento. Questo e’stato il primo di una breve serie di pensieri quotidiani che poco alla volta sono sbiaditi nel sudore e nella polvere del deserto. I se sono peggio delle mine in certi contesti e l’istinto sa come farli tacere. E’ un patto che si stipula prima della partenza. Ricordai le parole di Sergio un fotoreporter di guerra. Quando seppe del mio ingaggio mi disse che ero pazza a saltare sulla roulette russa afghana. Mi piaque detto da lui in quel tranquillo pomeriggio milanese.
Anche se ero protetta dai militari che facevano un eccellente lavoro e dal giubbotto, io contavo molto sul rapporto con la mia macchina fotografica. La sua malia fatta di numeri, regole ed esposizioni impegnava il mio ragionamento focalizzandomi e allontanandomi allo stesso tempo dalla scena che di volta in volta osservavo. Un rito di protezione dall’impatto emotivo che mi avrebbe schiantato al suolo senza scampo. Spiavo da dietro un dito, falsamente al sicuro, ero parte della scena.
Non so il motivo ma ero sempre sul primo veicolo, quello piu’ a rischio nella colonna. Questo mi dava una certa importanza, la follia della vittima.
La visuale era limitata, si sta stretti dentro un Lince blindato. Ci sono due posti a sedere dietro, la cintura di sicurezza a stella e’ stretta da togliere il fiato. Schiaccia contro la placca del giubbotto antiproiettile. L’elmetto va tenuto. Salva dal rinculo contro il tetto causato dell’esplosione. Alla mia sinistra stavano le gambe del mitragliere in ralla e il rosario di proiettili a cascata. Un buco sul tetto regala una visione a pozzo.
In agosto il caldo si impasta ai pensieri, un caldo da impazzire, non uno straccio di pelle scoperta, bevevo 6 litri di acqua al giorno ed ero avida di sudore. Non una goccia. I tragitti spesso erano lunghi sulla Ring Road, o si perdevano nelle sabbie tra un villaggio e una sosta. In quei momenti di transizione la mente non fiatava. Attesa, attesa e basta.
Che bello leggerti sembra di essere lì con te ❤️Grazie!